Milano Icona: Corpo, Città, Desiderio

Milano non si mostra. Milano si esibisce. 

E si esibisce solo quando lo decide lei. Nei tram mentre fuori piove, nei palazzi in vetro di city life. Milano non è una città, è un cielo, e sa come farti sentire una stella esattamente come sa farti conoscere il buio. Si, perchè sotto la superficie d’oro levigata dalla fashion week si cela una città multiforme, in cui si incrociano sogni, affari, storie, trappole e cadute. 

Milano non ti viene incontro, ti sfila di fianco come le modelle che ne affollano i privé. Milano è una di loro, è quella che guarda altrove, che non ti sorride in foto. È un sensuale corpo di cemento e vetro che balla la Techno illuminata dai riflettori e dai neon. Milano seduce, è erotica, è inaccessibile. E il desiderio nasce sempre da un’assenza. 

Certo, ogni metropoli seduce, ma Milano sembra farlo meglio di chiunque altro, perchè Milano non vende la sua seduzione, Milano la Brandizza. È un’enorme strategia di marketing, è un’estetica da Instagram, una cornice perfetta per chi sogna di trasformarsi in un’icona, perchè non c’è niente di più bello che sentirsi stella fra le stelle. È questo il motivo per cui chi arriva a Milano non vuole solo viverci, vuole farne parte, o almeno, vuole provarci. 

Le luci e la musica del centro però vanno affievolendosi man mano che ci si allontana da Piazza Duomo, il bellissimo vestito da sera inizia a rivelare gli strappi, le pieghe. Il Lucido si fa opaco, il corpo sinuoso e sensuale si spezza nei blocchi di cemento anneriti dal fumo dei tombini. Certo, il degrado, ma Milano sa sedurre anche così. Mostra una strana bellezza: periferica, urbana eppure romantica e questo lo si vede anche nell’arte che ha provato a raccontarci questa città, sopratutto quella visiva. Perchè Milano è musa, ispira, ti fa urlare, ti fa dipingere, ti fa suonare…ma è carnefice nel darti l’impressione di star urlando in silenzio, mentre sei solo una delle tante voci fra i palazzi. 

C’è qualcuno che è stato in grado, tramite la fotografia, di raccontare proprio questo: Gabriele Basilico. Colui che se Milano davvero fosse stata una donna, sarebbe stato in grado di ritrarla nuda, in posa, composta ma disabitata, scultorea più che architettonica. Milano, per gli artisti che la abitano non è una città, è uno spazio del desiderio, è un luogo di performance, è un’ossessione. 

Milano è modella si, Milano è moda, e anche quella parte dal racconto artistico. Milano è la fashion week, è la città dove Virgil Abloh ha fondato Off White. Qui la moda non è consumo, è religione dell’abito, è dichiarazione di intenti, di alter ego ed avatar pubblici. L’Abito estende il corpo, è corpo egli stesso, come sa molto bene Vanessa Beecroft, che proprio a Milano ha iniziato la sua carriera fra moda, arte e provocazione. L’ossessione milanese per la moda ci racconta come in quel grande palmo di cemento l’apparire non sia mai solo apparenza, è una dichiarazione di esistenza che è testimone di una lotta di classe disputata fra felpe e sneakers contro gli abiti di Dior.

In tutta questa enorme giostra però l’arte non è mai separata dalla vita, anzi, sembra respirare assieme al traffico, quasi essendone la prosecuzione. 

E forse quindi è proprio questo che rende Milano ciò che è, il luogo dove tutto è possibile ma niente è concesso. È il luogo di chi non si ferma, di chi rincorre, forse un tram, un lavoro, una donna. Poco importa, Milano è la dicotomia del cielo e dell’asfalto, è brillare e scomparire istantaneamente dietro la nuvola di smog, e, come dice Nerone: “Milano è Paradiso e Cimitero di Affaristi, fossa e trampolino per gli artisti”. 

Milano prima ti bacia, poi ti sputa, ma intanto il profumo ti è rimasto addosso.