Japan Mania – Come l’arte Giapponese ha cambiato il mondo

Cercare di riassumere come l’estetica del paese del Sol Levante abbia cambiato il mondo all’interno di un solo articolo sarebbe impossibile, oltreché riduttivo. Tuttavia è inconcepibile, ad oggi, pensare all’estetica mondiale senza dare i giusti meriti al Giappone, che da oramai 200 anni non smette di essere una fonte inesauribile di ispirazione per artisti, designers, stilisti e musicisti.

Era il 1853 quando ebbe fine il Sakoku , il periodo di isolazionismo Giapponese. Da quel momento, con l’apertura del Giappone verso il mondo, ebbe inizio una vera e propria febbre che sarebbe stata destinata a non finire mai. Infatti non si trattò solo di un’apertura, ma di una rivoluzione estetica, silenziosa, radicale, che non passò dalle armi bensì dalle Ukiyo-e – letteralmente “immagini del mondo fluttuante -, stampe artistiche realizzate su carta tramite xilografia, che infestarono i mercati d’arte europei nascondendosi fra le carte d’imballaggio. Ben presto queste stampe conquistarono il cuore Europeo, e per un attimo Parigi iniziò a scrivere in Kanji

Fu un attimo, e l’arte europea parve rinascere in una matrice completamente nuova: Van Gogh iniziò ad appendere Hiroshige sopra il letto, Monet collezionava Hokusai come fossero fotogrammi dei suoi sogni e Lautrec sembrava preso da una foga nipponica senza precedenti. Poi, quasi ad effetto domino, Klimt, Degas e poi Schiele, in quell’estetica sofferta e sognante, ne furono travolti. 

Non era una questione di Moda, era una questione di frattura.

Da questo punto in poi tutto cambiò, la prospettiva rinascimentale iniziò a scricchiolare, il colore si appiattì e il taglio si fece più fotografico. 

Quello che aveva conquistato tutti però non era l’estetica, o per lo meno, non solo. Ad essere dirompente era una visione del mondo, basata sulla sobrietà, a volte sull’imperfezione, e l’arte occidentale, che aveva sempre insegnato a riempire, di colpo iniziò a togliere, a lasciar respirare l’immagine, in modo quasi fluttuante. 

Tutto ciò non si fermò però certo con l’Ottocento. Per tutto il Novecento, sino ad arrivare ad oggi, l’estetica giapponese ha lasciato tracce indelebili non solo nell’arte, risuonando nella mente di ogni genere di creativo sulla faccia della terra. Il minimalismo moderno, la musica ambient, l’estetica Zen, tutto, in un modo o nell’altro ci parla di questa storia. 

Pensiamo ad artisti come Isamo Noguchi, con le sue sculture semplici, quasi minimali, a Tadao Ando e alla sua architettura zen fatta di luce, oppure ancora ad Hayao Miyazaki e ai suoi film surreali, lenti, in cui lo spazio ed il tempo sembrano dilatarsi sino a diventare relativi.  

Ma qual è il motivo per cui il Giappone ci piace così tanto?

Giusta domanda, la risposta è semplice: perchè quando il mondo va sempre più veloce, il Giappone ci offre una chiara alternativa. Anziché aggiungere, infatti, il mondo nipponico sottrae, trovando la bellezza nella semplicità del gesto, nel silenzio, negli spazi vuoti che portano verso l’infinito. 

Il Giappone infatti non è più solo un paese, è uno state of mind. Qualcosa di completamente diverso. Non è solo un’ispirazione, è una lente tramite la quale guardare la modernità. 

L’estetica nipponica è entrata nella cultura pop, nei videogiochi, nella moda, nella cucina, nel design sperimentale, nel cinema, nella musica elettronica. Tutto e tutti parlano una lingua che deve al Giappone molto più di quanto possa immaginare. Dal Cyberpunk di Akira e Ghost in the Shell dove la tecnologia si fonde quasi a concetti spirituali, alla musica di Ryuichi Sakamoto e ai live di Ryoji Ikeda, in cui il suono diventa spazio e architettura emotiva, ciò che proviene dal Sol Levante sembra averci stregati, introducendo nel nostro gusto un concetto ibrido fra umano e tecnologico, fra futuristico e spirituale, fra corpo e superficie. 

L’occidente però, forse il Giappone non lo ha mai capito veramente, per quanto lo abbia guardato.  In quel guardare ha visto sé stesso da fuori, e ha capito che la bellezza non sta solo nelle esplosioni barocche e nell’ordine aureo dei templi greci, ma ha capito che questa sta anche negli echi, in qualcosa che non necessariamente deve essere spiegato. 

Il Giappone ci piace così tanto, forse, perchè non si lascia possedere ma si lascia solo contemplare, e questo, per l’occidente, è qualcosa di molto raro.